da Morello » lunedì 24 novembre 2008, 10:08
Caro Lasa pur dir, Ti rispondo a volo, senza controllare libri e appunti. In un precedente post si era parlato della famiglia de Pizzis. Questa, nel ramo dei Marchesi di San Martino, si estinse con Antonia, spentasi alla fino del 700, andata sposa a Francesco Odoardo Benedetti, barone di Scoppito e patrizio aquilano. Dalla loro unione nacque Giuseppe Benedetti, Marchese di San Martino, barone di Scoppito (non vorrei sbagliarmi ma credo che il titolo marchionale passò su quest'ultimo feudo), patrizio aquilano. Il Marchese Benedetti, erede universale del ramo marchionale dei de Pizzis, che visse in Ortona, sposò una Cotugno Toledo, famiglia credo di origine tarantina, erano nobili o patrizi di quella città, di chiara ascendenza spagnola, feudataria di S. Apollinare. Credo si tratti dell'ultima discendente del casato, in quanto la coppia (lui si spense nel 1822, lei nel 1837 e furono gli ultimi ad essere tumulati nella trecentesca cappellina de Pizzis in Cattedrale), non ebbe discendenti. I loro beni furono divisi tra varie famiglie aquilane o che avevano feudi da quelle parti: marchesi Dragonetti de Torres, i Sardi baroni di Rivisondoli e nobili di Sulmona, e i di Costanzo duchi di Paganica. Questi ultimi ebbero i beni ortonesi e di S. Apollinare. Una loro discendente Maddalena dei duchi di Costanzo di Paganica, sposò nella prima metà dell'800 un Onofrj (famiglia originaria di Tollo) e tutti i beni che anticamente erano appartenuti ai de Pizzis (il palazzo, con finestre in stile gotico-moresco, a fianco alla Cattedrale, il villino seicentesco ecc.) e ai Cotugno Toledo, come i vasti terreni di S. Apollinare (alcuni discendenti pare siano ancora proprietari di qualcosa). Da allora un ramo degli Onofrj si definì pomposamente, si tenga conto che siamo ben oltre il 1808 ed 1812 (se non ricordo male a quegli anni risalgono le leggi eversive sulla feudalità napoletana e siciliana), baroni o dei baroni di S. Apollinare. Altro sul momento non so dirti.
Cordialità.
Nicola Serafini
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IN IVSTITIA ET PACE PROBITAS