da Emanuele Pigni » mercoledì 11 febbraio 2004, 0:22
Il personaggio a cui mi riferivo è Victor Hugo e il caso della sua pretesa nobiltà non è nuovo, visto che fu al centro di una polemica giornalistica nel 1867; ma non c'è niente di più inedito dell'edito.
L'autore dei "Miserabili" era figlio di Léopold Hugo che, figlio di un falegname, fece la carriera delle armi nel periodo rivoluzionario e napoleonico e giunse al grado di generale di brigata nell'esercito spagnolo del re Giuseppe Napoleone, il quale gli concesse il titolo di conte di Siguenza (secondo il Tulard, però, non ne esistono prove). Nel 1813 il generale conte Hugo tornò al servizio della Francia, ma Napoleone non lo riconobbe né conte né generale, bensì maggiore (grado equivalente al nostro di tenente colonnello). Ovviamente il titolo comitale spagnolo non fu riconosciuto in Spagna durante la restaurazione, né fu mai riconosciuto in Francia.
Nel 1828, quando morì il generale Hugo (collocato a riposo con il grado onorario di generale di divisione), Abel, suo figlio primogenito, spedì partecipazioni firmate da "Madame la comtesse Hugo [la seconda moglie, vedova], Monsieur le comte et Madame la comtesse Abel Hugo, Monsieur le vicomte Eugène Hugo [secondo figlio del generale], Monsieur le baron et Madame la baronne Victor Hugo". Dopo la morte di Eugène (1837), Victor Hugo si qualificò abitualmente "visconte"; e tale titolo compare anche nel decreto con cui Luigi Filippo lo nominò pari di Francia nel 1845 (ma è noto che Luigi Filippo, il "re borghese", voleva svalorizzare la nobiltà).
Nel 1867, già in esilio da quindici anni per la sua opposizione a Napoleone III, Hugo consentì che si pubblicasse un articolo che lo diceva discendente dall'antica famiglia nobile degli Hugo di Lorena e titolare dell'arma gentilizia di questa: "D'azur au chef d'argent chargé de deux merlettes de sable". Dopo la smentita del "Figaro", spiegò che tale discendenza era una mera tradizione familiare, non provata documentalmente.
Qualcuno ritiene che a Victor Hugo piacesse il titolo di visconte perché lo accomunava a Chateaubriand, suo ideale di carriera. Anche i grandi hanno di queste debolezze. Il sottoscritto, nel suo piccolo, ama essere chiamato "dottore" non soltanto perché ha diritto a questo solo titolo, ma anche e soprattutto perché esso lo accomuna ad un illustre personaggio che così è chiamato dai suoi collaboratori, e che egli ha avuto l'onore di conoscere.
Con i miei più cordiali saluti.
Emanuele Pigni