Nel Massimario nobiliare del SMOM vi sono due passaggi che sto cercando di interpretare e che vorrei sottoporre anche ad esperti presenti nel forum.
1) Norme per la ricezione 2012, paragrafo 5, massima 21, in nota, si raccomanda la consultazione di C. A. Bertini Frassoni, La nobiltà nello Stato Pontificio, Roma, 1933, nella quale opera il compianto conte enumera una serie di città e terre dello Stato Ecclesiastico nelle quali, secondo i suoi studi, era presente una separazione dei ceti e, per sua stessa ammissione, l'elenco non è completo.
La mia domanda è: è dunque questa nota una parziale apertura verso il riconoscimento della nobiltà delle famiglie appartenenti agli antichi ceti di reggimento delle città e delle terre pontificie che non furono mai esplicitamente riconosciute dal sovrano pontefice?
2) Op. cit., paragrafo 7, massima 32: "Nei Regni di Napoli e Sicilia prima dell'abolizione della feudalità erano nobilitanti le seguenti cariche: ... g) La dignità di Vescovo residenziale (per i nipoti)."
La seconda e ultima domanda è: poiché questa massima fa esplicito riferimento alla feudalità e quindi alla qualità di feudatario del Vescovo prima dell'abolizione di essa, può considerarsi prova di nobiltà, per i nipoti, anche la carica di Abate, qualora si dimostri che questo era un feudatario e poteva a sua volta concedere feudi al pari di un Vescovo?
Ringrazio sin d'ora per l'attenzione e le cortesi risposte che vorranno seguire.