Moderatore: Guido5
cleopatra ha scritto:Sto leggendo avidamente il I Volume dell'Enciclopedia delle Famiglie Storiche Italiane che tratta la Storia del Diritto Nobiliare degli Antichi Stati, e voglio dire BRAVO al dott. Degli Uberti che ha fatto un'opera davvero preziosa.
Leggendo la parte riferita ai vari Stati che componevano il Piemonte e sopratutto l'appendice del dott. Degli Uberti, mi sono venuti in mente tanti dubbi che mi piacerebbe poter ottenere una risposta.
Una mia bisnonna discendeva da una famiglia nobile feudale che si è estinta in un'altra famiglia importante piemontese, ora vorrei porre il quesito: i membri della famiglia della mia bisnonna avrebbero diritto di far uso dei titoli feudali ereditati, anche se non hanno mai avuto il riconoscimento?
E' vero che la nobiltà non si prescrive mai?
Ho visto che ci sono persone che fanno uso di titoli nobiliari feudali che non ottennero il riconoscimento durante il Regno d'Italia e neppure durante il Regno di Sardegna, fra questi personaggi anche il famoso Aldo di Ricaldone che ha scritto tantissimo sulla nobiltà del Piemonte ed è una fonte indiscutibile.
brixianus ha scritto:Al giorno d'oggi, quindi, abbiamo "conti di Cavaglià" a profusione? Mah...
Ma badi bene, il numero aumenterebbe in progressione geometrica perché dobbiamo attribuirlo in base alle leggi dell’attuale codice civile, a tutti i discendenti, sia figli di divorziati (che per le leggi del regno sarebbero adulterini), che ai figli nati all'interno del matrimonio, fuori dal matrimonio, adottati ed anche ai discendenti delle femmine di ogni ramo e grado, proprio per rispettare il trattato di Lisbona del 2009, e via dicendo.
contegufo ha scritto:Ma badi bene, il numero aumenterebbe in progressione geometrica perché dobbiamo attribuirlo in base alle leggi dell’attuale codice civile, a tutti i discendenti, sia figli di divorziati (che per le leggi del regno sarebbero adulterini), che ai figli nati all'interno del matrimonio, fuori dal matrimonio, adottati ed anche ai discendenti delle femmine di ogni ramo e grado, proprio per rispettare il trattato di Lisbona del 2009, e via dicendo.
Quindi ragionando in termini di titolo di cortesia avere uno straccio di nobiltà per via materna porterebbe alla identificazione dell'individuo proprio con quel titolo proveniente da molto lontano.
Semplificando se la mia bisavola per linea materna (primogenita o no) fosse stata nobile porterebbe in eredità ai suoi successori oggi un titolo (leggi di cortesia) del tutto legittimo. Caso mai il ginepraio sarebbe sul cognome o sui cognomi estinti ma con la possibilità di rinvenirli oggi; quanti i cognomi? Uno, due, tre ?
Saluti
contegufo ha scritto:Salve
No avendo idea su cosa avvenga all'estero, si pone una domanda a cui però non si risponde, è come negli stati dove è riconosciuta la nobiltà , il diritto nobiliare si armonizzi con l'evoluzione del codice civile e delle disposizioni su scala europea circa l'uguaglianza delle persone, ovvero:
1) Spagna
2) Regno Unito
3) Paesi nordici , Danimarca, Svezia, Norvegia
4) Lussemburgo e Liechtenstein
hanno recepito certe istanze oppure no?
Quanto affermato in precedenza è pura teoria oppure ha trovato applicazione da qualche parte?
Altrimenti un concetto come l'estinzione di un cognome o di un titolo, se vale la regola che tutti siamo uguali, non avrebbe ragione di essere in quanto per via femminile tutto continuerebbe.
Saluti
:brixianus ha scritto:È nobile chi discende da nobili in base al diritto nobiliare, questa mi pare un'affermazione dotata di una elementare base logico-giuridica.
Mi pare anacronistico e giuridicamente improprio il riferimento al Trattato di Lisbona del 2009 o a sentenze di giudici odierni.
Come mi pare non decisivo il volersi rifare a riconoscimenti informali (ovvero non trasfusi in decreti o lettere patenti o simili) da parte di seppur autorevolissime persone.
Se poi entriamo nel metagiuridico o nella filosofia nobiliare, alzo le mani
brixianus ha scritto:<< I conti di Cavaglià che dobbiam credere un ramo dei conti di Lomello, anteriore a tutti i sopradetti , si divisero in molti rami, e si estinsero nel secolo XVII. >>
Tratto dal volume "Il conte Umberto I e il re Ardoino" del barone Domenico Carutti, edito dalla tipografia dell'Accademia dei Lincei nel 1888.
Non aggiungo altro: auguro a tutti una buona serata... e speriamo che la pioggia e il vento si possano rapidamente attenuare.
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