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diegocompagnoni ha scritto:GENS VALERIA ha scritto:STEMMARIO GENOVESE Orsini De Marzo
Il manoscritto si compone essenzialmente di due parti: la prima comprende notizie
storiche ed elenchi di anziani, consoli, ambasciatori, podestà, ecclesiastici, nobili,
mercanti, artigiani, ecc. per servire alla storia della Repubblica di Genova...
Interessante che siano riportate notizie ed elenchi anche riguardanti mercanti e artigiani. E' vero che si trattava di classi sociali intermedie, ma mi sorge una domanda: era uso all'epoca riportare tali notizie oppure questo manoscritto costituisce un esempio pressoché unico?
Chiedo scusa per la mia ignoranza!
Cordiali saluti
D.C.
diegocompagnoni ha scritto:La ringrazio per queste informazioni storiche. Essendo le famiglie nobili genovesi prevalentemente non d'origine feudale, non mi meraviglia che avessero esercitato la mercatura. Mi meraviglia invece il fatto che ci fossero degli artigiani, seppur ricchi, con tanto di stemma e inseriti in quest'opera! Lei mi spiega che "ambivano ad una difficile nobilitazione". Mi chiedo: qualcuna di queste famiglie, magari dopo secoli, è riuscita a soddisfare le proprie ambizioni, anche se mi rendo conto sia piuttosto difficile? E poi, so che, almeno per quanto riguarda il regno di Sicilia, con cent'anni di distintà civiltà e vita more nobilium si poteva acquisire uno status equirabile alla nobiltà generica ed eventualmente si poteva avere anche la possibilità di essere nobilitati ufficialmete con un' investitura. Valeva anche negli altri stati preunitari? Grazie!
D.C.
De Vineis ha scritto:Complimenti per la interessante iniziativa, che consente la fruizione di un testo altrimenti nell'ordinario difficilmente fruibile ed il confronto con altri di simile argomento e periodo conservati nelle biblioteche genovesi.
L'indicazione di nobili, mercanti e artefici, come è stato giustamente sopra indicato, deriva da una circostanza "politica" più che sociale: nobili, mercanti e artefici erano le tre classi in cui si divideva il consiglio dei cittadini prima della riforma del 1528, quindi non è anomalo che siano indicati nel testo citato, così come in altri testi che si occupano di famiglie genovesi. Quello che contava a Genova era essere "cives", ossia godere dei diritti politici, che appunto spettavano solo ad una minoranza qualificata degli abitanti: prova ne è che con la Riforma di Andrea Doria si riconosce che tutti gli ascritti al Liber Civitatis sono nobili, fra i malumori delle famiglie appartenenti al partito nobile (e che porteranno al colpo di stato del 1576). Le due fazioni di Nobiles e Populares (mercanti e artefici) erano poi divise come di consueto in Albi e Nigri (Ghibellini e Guelfi): il che portò fra Trecento e Quattrocento a lotte intestine che fecero perdere a Genova il suo impero, la sua potenza e per un certo periodo anche la sua indipendenza. A Genova gli artefici erano potenti perché la città era la principale produttrice di tessuti di seta in Europa e, accanto a piccoli imprenditori (diremmo oggi), vi erano veri e propri magnati; una legge autorizzò specificamente i nobili a svolgere l'attività di seataro, per farli stare al passo con i nuovi ricchi.
Inoltre a Genova alcuni ricchi senza sangue blu pagavano per utilizzare cognomi nobili o per essere aggregati ad Alberghi nobiliari (e quindi erano di fazione nobile), e discendenti di stirpi feudali (in particolare della Riviera di Levante) erano Artefici, e quindi di fazione popolare.
Quindi è veramente difficile parlare per categorie assolute di nobiltà nella Genova di quei secoli.
De Vineis ha scritto:Conosco il testo del Lercari ed è molto puntuale ed articolato. La mia voleva solo essere una risposta al quesito sull'indicazione specifica nel libro di mercanti ed artigiani: lungi da me voler generalizzare su una realtà così complessa
Anzi, forse mi sono espresso male, ma volevo concludere nel senso che, proprio per la sua complessità, la nobiltà genovese (intesa come nobiltà dell'intera Repubblica e feudi imperiali), può difficilmente essere definita con concetti assoluti, ma va analizzata nel suo contesto spazio temporale, nella fonte da cui ha tratto origine, etc.
Fa comunque piacere che se ne parli
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