da Franz Joseph von Trotta » martedì 31 maggio 2005, 16:59
Gentili signori
Sull’ultimo numero degli Archives Héraldiques Suisses trovo una recensione del suddetto volume a firma del noto araldista Prof. Alessandro Savorelli decisamente distante dai giudizi positivi che pervadevano l'ormai datato topic dedicato a questo titolo.
Mi sembra utile riportarla nella sua parte di analisi - all'inizio vi è una parte descrittiva della composizione del libro - anche perché, non avendo visto il volume, ma ritenendolo possibile oggetto dei miei futuri acquisti araldici sono ora davvero perplesso…
Un saluto,
FJVT.
«(…) Gli stemmi ducali e quelli delle famiglie (circa 500) sono raccolti in tavole a colori, con riproduzioni derivate da varie fonti come i vecchi “libri d’oro” della città: fonti tuttavia che non vengono dettagliatamente indicate. Le schede sulle famiglie contengono succinte notizie storiche e una descrizione dello stemma, senza nessun criterio evolutivo. Il volume pertanto è una semplice compilazione, del tutto priva di caratteri storico-scientifici seri e di rigoroso metodo filologico: come altre pubblicazioni del genere essa si rivolge non all’araldista, ma ad un pubblico generico che dell’araldica ha idee vaghe e che, letto il testo - a cominciare dalla prefazione di un Ministro della Repubblica - ne avrà ancora più vaghe. Anche l’Autore del resto, nella parte introduttiva non fa che riprodurre idee stantie sull’araldica basate sull’ormai vecchia letteratura italiana (Crollalanza, Spreti, Ginanni etc.) su tesi assurde, orami smentite (come l’origine dell’araldica tra il X. s. e le crociate!) e su anacronistici pregiudizi nobiliari, con una trattazione della materia di carattere astrattamente normativo. Un approccio inservibile e poco degno dell’araldica di un territorio che annovera, oltre ad un’antica aristocrazia civica, famose dinastie come i Da Correggio, i Fogliani, i pico (Mirandola) i Pio (Carpi), i Rangoni i Motecuccoli, che meritavano ben altra considerazione storica.»
«Ich bin das Wilde, Dumpfe, das man schlug,
Das man erschlagen, weil es fremd und stumm…»
G. Kolmar