Paul Atreides ha scritto:Mi sembra quindi di capire che la risposta alla mia domanda non sia semplice come pensavo sarebbe stata...
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In pratica, se ho capito bene, il riconoscimento dello status da parte del Regno d'Italia non implicava alcun tipo di "uniformità" nella successiva trasmissione dei titoli, per cui una famiglia che, per esempio, avesse
Nobile, mf come titolo, sarebbe rimasta soggetta ai vincoli della trasmissione originaria, che avrebbero anche potuto differire grandemente in luoghi diversi.
Quanto scrive non è esatto. Per chiarire la questione bisogna premettere che la legislazione nobiliare del Regno d'Italia fino al 1926 mantenne in vigore le leggi successorie di alcuni stati preunitari, che, in determinati casi, consentivano la successione dei titoli nobiliari in linea femminile. Bisogna inoltre fare una distinzione tra il titolo di "
nobile" e quello di "
nobile dei" (vi era anche il titolo di "
nobile di" seguito da una località, che qui non tratterò).
Nel Regno d'Italia il titolo di "
nobile" poteva essere attribuito:
- "
a coloro che sono in possesso della nobiltà ereditaria e non hanno altra qualificazione nobiliare o patriziale" (R.D. 8 maggio 1870)
- "
alle famiglie che ne ottennero speciale concessione" (R.D. 5 luglio 1896).
Come sappiamo tutti, prima della riforma del 1975, la concezione della famiglia era profondamente diversa rispetto ad oggi e, tra le altre cose, era legata alla trasmissione del cognome (le donne quando si sposavano uscivano dalla famiglia paterna ed entravano a far parte di quella del marito, del quale assumevano il cognome). Pertanto, se andiamo a leggere la legislazione del Regno d'Italia insieme alle norme del diritto di famiglia in vigore a quel tempo, comprendiamo bene che la figlia femmina non poteva trasmettere il titolo di "nobile". Infatti sia che la famiglia paterna lo avesse ottenuto per "speciale concessione", sia che la famiglia paterna ne avesse diritto per "possesso della nobiltà ereditaria", la figlia femmina sposandosi entrava in una famiglia differente e dunque al momento del matrimonio perdeva il titolo (e non poteva trasmetterlo ai propri figli).
Inoltre anche negli stati preunitari (dove "nobile" era uno
status più che un titolo, come giustamente diceva Sergio) la nobiltà si ereditava in linea maschile (tranne in alcuni casi specifici), quindi anche prima dell'abrogazione del 1926 la legislazione nobiliare degli stati preunitari ancora in vigore non consentiva ad una donna di trasmettere il titolo di "nobile" (che quindi, in definitiva, si trasmetteva solo in linea maschile alla prole di ambo i sessi).
Differente è il caso del titolo "
nobile dei" (introdotto con il R.D. 5 luglio 1896) che spettava agli ultrogeniti di "famiglie titolate". Infatti, se il titolo principale dal quale dipendeva (barone, conte, marchese, duca, ecc.) era stato concesso dall'autorità sovrana di uno Stato preunitario, fino al 1926 poteva seguire le regole successorie di quello Stato. Poiché in alcuni stati preunitari (per esempio nel Regno di Sicilia), a certe condizioni (per esempio mancanza di figli maschi), era possibile la successione dei titoli in linea femminile, ne consegue che fino al 1926 nel Regno d'Italia fu possibile (con autorizzazione regia) la trasmissione di alcuni titoli nobiliari per linea femminile da una famiglia ad un'altra (e quindi anche del titolo "nobile dei" spettante agli ultrogeniti).
Per maggiore chiarimento riporto di seguito alcuni articoli di legge emanati durante il Regno d'Italia riguardanti i titoli di "nobile" e di "nobile dei":
Regolamento della Consulta araldica (regio decreto 8 maggio 1870)ARTICOLO 36.
Il titolo di nobile è attribuito agli ultrogeniti delle famiglie titolate,
coll'aggiunta del titolo e del predicato del primogenito preceduto dal segnacaso dei.
ARTICOLO 37.
Il titolo di nobile, oltre a quelli che vi hanno uno speciale diritto, è pure
attribuito a coloro che sono in possesso della nobiltà ereditaria e non hanno
altra qualificazione nobiliare o patriziale.Regio decreto 5 luglio 1896, n. 314Art. 42. -Il titolo di nobile è attribuito:
a) a coloro che sono in possesso della nobiltà ereditaria e
non hanno altra qualificazione nobiliare o patriziale;
b) alle famiglie che ne ottennero speciale concessione;
c) agli ultrogeniti delle famiglie titolate, coll'aggiunta del
titolo e predicato del primogenito, preceduto dal segnacaso dei.
Quando i titoli del primogenito sono parecchi, agli ultrogeniti
non si attribuisce la qualificazione generica che di un solo titolo
o predicato seguendo le speciali tradizioni locali o famigliari.Ordinamento giuridico italiano (regio decreto 21 gennaio 1929, n. 61) Art. 54. – La successione dei titoli, predicati e attributi nobiliari ha
luogo a favore dell'agnazione maschile dell'ultimo investito, per ordine di pri-
mogenitura, senza limitazione di gradi, con preferenza della linea sul grado.
I chiamati alla successione debbono discendere per maschi dallo stipite
comune, primo investito del titolo.
I titoli, i predicati e gli attributi nobiliari non si trasmettono alle femmine
né per linea femminile, salvo quanto dispone il primo capoverso dell'art. 57.
Art. 57. – I titoli concessi con qualunque formula o legalmente riconosciuti
per tutti i maschi di una agnazione si acquistano dal giorno della
nascita.
Quelli concessi, oltre che a tutti i maschi, anche alle femmine, spettano alle
medesime durante lo stato nubile e non dànno luogo a successione.
Agli ultrogeniti delle famiglie insignite di titoli primogeniali è attribuito
oltre alla semplice nobiltà, il diritto di aggiungere al cognome l'appellativo del
titolo e predicato del primogenito, preceduto dal segnacaso « dei ». Quando i titoli
o predicati primogeniali sono parecchi, gli ultrogeniti aggiungono, dopo il se-
gnacaso « dei », l'appellativo di quel titolo o predicato che fa parte del nome
d'uso della famiglia, salva diversa tradizione famigliare, da riconoscersi dalla
Consulta.
Art. 58. – Quando uno o più titoli o predicati nobiliari siano passati per
successione femminile in altra famiglia, il diritto indicato nel secondo capoverso
dell'articolo precedente spetta ai membri della famiglia che ha perduto i titoli,
nati prima del passaggio, e a quelli della famiglia in cui sono pervenuti, nati
dopo il passaggio.
(..)
Art. 63. – Se siano estinte o dopo il 7 settembre 1926 si estinguano le
agnazioni maschili delle famiglie che, a norma della prima o nell'ultima parte
dell'art. 59, avevano diritto alla successione nel titolo, questo può essere rinno-
vato con atto Sovrano a favore di una figlia dell'ultimo investito e della di lei
discendenza maschile, sotto condizione che la famiglia di quest'ultima si trovi
inscritta nell'Elenco ufficiale della nobiltà italiana. Sarà preferita la figlia più
anziana di età che all'atto della vacanza del titolo abbia già prole maschile,
appartemente a famiglia inscritta nell'Elenco.
Nella stessa ipotesi di estinzione delle suddette agnazioni, la rinnovazione
mediante atto Sovrano potrà aver luogo a favore della discendenza maschile
dell'ultima donna intestataria del titolo, sotto la condizione medesima che la
famiglia di tale discendenza maschile si trovi già inscritta nell'Elenco ufficiale
della nobiltà italiana.