Καὶ ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο καὶ ἐσκήνωσεν ἐν ἡμῖν.
Et Verbum caro factum est, et habitávit in nobis.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
(Io 1,14)
Mi associo agli auguri del nostro Presidente, che ricambio di cuore e che rivolgo a tutti, a partire dall'immagine che ho usato in vista delle festività prossime per accompagnare la lettera che consuetudinariamente scrivo ai miei fedeli in occasione del Santo Natale.

Si tratta della
Natività (2011) di Enrico Benaglia, pittore romano. L'autore ha donato questa opera (una tela di 2,60×1,95 metri) alla Chiesa italiana. Il dipinto si trova ora nella sede centrale della Conferenza Episcopale Italiana, in Roma, sulla Circonvallazione Aurelia.
Il contesto del presepe è un rumoroso paesaggio urbano - segnatamente un quartiere di Roma - fortemente caratterizzato. Gesù è cullato dalla Vergine su una panchina misteriosa e vuota, tra palazzetti liberty, auto parcheggiate e fontanelle gorgoglianti, tra la fretta e la solitudine indifferente di una passante, lo sguardo perso nel vuoto di un uomo affacciato alla finestra, il pianto disperato di un bambino nudo all'angolo della strada, e la gioia contagiosa di una ragazza che correndo porta una grande cometa di carta e trascina il bue e l’asinello verso la Sacra Famiglia. Animali esotici e vegetazione lussureggiante sembrano quasi richiamare la nuova creazione inaugurata dalla nascita di quel Bambino che viene per dare senso nuovo ad ogni esistenza, anche quella più fragile e provata. Mentre il cielo stellato che si intravede dalle abitazioni sembra indicare la vita quotidiana come spazio del divino dal momento dell'Incarnazione in poi.
Mi pare una efficace riflessione artistica sulla tradizione e sul tempo presente. Non in una grotta, distante dalla città, ma su una panchina, dove spesso trovano riposo i senzatetto e i diseredati: qui Gesù nasce e qui scorre l’attimo prima della storia in cui il Verbo si fa carne, spalancando sul mondo uno sguardo limpido. E attraverso i suoi occhi è possibile rivedere la bellezza del mondo e celebrare la vita come dono, come se fosse la prima volta.
Questo è l'augurio che vorrei rivolgere a tutti: sia per tutti un Natale pieno di gioia e serenità, e tutti possiamo fare esperienza, nello scorrere dei giorni del nuovo anno, della vita come dono e al tempo stesso come impegno fecondo e lungimirante per rendere più felice la città degli uomini.
Auguri a tutti!
don Antonio Pompili