Messanensis ha scritto:Cav.OSSML ha scritto:T.G.Cravarezza ha scritto:Per entrare nella ztl di Torino si devono soddisfare alcuni requisiti (avere domicilio all'interno della ZTL, avere un posto auto all'interno della ZTL...).
Ma non basta soddisfare tali requisiti, bisogna anche fare domanda, pagare un determinato importo e ottenere il permesso cartaceo per entrare nella ZTL.
Ora, se io soddisfo i requisiti, posso entrare nella ZTL anche senza avere fatto domanda, senza aver pagato quanto la normativa impone e senza aver ricevuto l'apposito tagliando?
La risposta è NO, eppure io ho gli stessi requisiti di chi ha fatto domanda, ha pagato e ha ottenuto il tagliando, ma non ho soddisfatto quanto mi richiede la legge per entrare nella ZTL.
Io l'ho sempre ripetuto: lo status nobiliare è status pubblico, definito dall'ordinamento dello Stato (e per Stato intendo dal Regno d'Italia come dalla Serenissima Repubblica di Venezia come dal più piccolo e insignificante ducato o patriziato locale) che prevede determinati diritti e doveri riconosciuti dalla legge e dall'Autorità locale.
In assenza di tale riconoscimento pubblico, non si è nobili, ma al massimo si è discendenti di un avo nobile, di qualcuno che, nella sua epoca, era riconosciuto tale dallo Stato.
Poi se tra i propri amici, al proprio circolo privato, al bar sottocasa ci si scambiano i saluti con relativi titoli nobiliari, lo si faccia pure, ma c'è una bella differenza con i diritti e doveri che sostenevano i titoli nobiliari riconosciuti.
Siccome, come dicevo prima, il non nobile che si spacciava per tale nel Regno d’Italia poteva venire punito penalmente, mentre il nobile, diciamo così “di fatto”, il quale usava i suoi titoli e le sue prerogative nobiliari senza essere iscritto al registro della Consulta Araldica, poteva subire una semplice sanzione pecuniaria amministrativa, cio è la chiara dimostrazione che il nobile “di fatto” (non registrato) era un nobile ed era considerato anche come tale.
Mi permetto di dissentire. Sia il nobile per così dire "inventato" sia il nobile "vero" ma non riconosciuto ufficialmente stavano sullo stesso piano sotto il punto di vista dell'uso indebito del titolo: entrambi erano punibili penalmente con una multa ai sensi dell'art. 186 del codice penale.
Mi permetto di insistere nella mia tesi illustrandola meglio.
Allo scopo di garantire in coloro che ne avevano titolo il legittimo uso di titoli e attributi nobiliari con R.D. 20 marzo 1924 n. 442 furono emanate delle disposizioni al riguardo.
L’articolo 1 di detto decreto stabiliva che nessuno poteva fare uso di titoli o attributi nobiliari se non era iscritto come legittimamente investito di tali titoli o attributi nei registi della Consulta Araldica.
La mancata o ritardata iscrizione non importava però decadenza dal diritto, perché esso continuava ad esistere, solo il titolare non poteva farne uso, il diritto restava per così dire allo stato potenziale.
Ora colui che una tale iscrizione non abbia curato e che, sia in documenti ufficiali, sia in qualsiasi atto giuridico o anche nei rapporti sociali ordinari abbia fatto uso di titoli o attributi nobiliari che non risultino appartenergli da conforme iscrizione ai registi della Consulta in base all’articolo 5 del R.D. 442 era punito con un’ammenda.
Questa era la figura della contravvenzione amministrativa detta “uso illegittimo dei titoli”.
La fattispecie concreta di questa ipotesi contravvenzionale non poteva che riferirsi ad un nobile, ovvero ad una persona che, avendone i requisiti, avrebbe potuto, o meglio dovuto, curare la sua iscrizione alla Consulta Araldica.
Nel caso invece di colui che, come diceva l’art. 498 c.p., si arrogava titoli, e cioè se gli attribuiva indebitamente facendone mostra, e con coscienza di non avere alcun diritto, siano questi titoli di nessuno, o appartengono legittimamente ad altri, si aveva la figura del delitto di “usurpazione di titoli”, punibile con una multa.
Questa figura delittuosa invece poteva logicamente essere commessa esclusivamente da un non nobile e non anche da un nobile non iscritto alla Consulta araldica.
Per la configurabilità del reato era infatti richiesta la consapevolezza di non aver diritto al titolo nobiliare, la quale poteva concretamente sussistere solamente in capo al non nobile e non in capo al nobile, il quale, a differenza del non nobile, sapeva benissimo di esserlo e di potersi potenzialmente iscrivere al registro della Consulta araldica.
Le tradizioni sono le patenti di nobilità dei popoli.